Morire di morbillo (a 7 anni) di Massimo Gramellini

Venerdì 23 giugno 2017
Alla lista sterminata delle vittime del fanatismo si è appena aggiunto un bambino di sette anni, morto a Monza in conseguenza del morbillo trasmessogli dai fratelli non vaccinati. 
Una forma guaribile di leucemia aveva da tempo affievolito le sue difese immunitarie, rendendolo più vulnerabile alle intemperie della vita, come uno che gira per strada d’inverno senza cappotto. Bastava coprirlo. Invece lo hanno esposto al contagio.
È nella natura di un padre e di una madre essere apprensivi. In particolare di un padre e di una madre italiani. L’impulso primordiale li spingerebbe a fare crescere la prole sotto una campana di vetro. Quando poi il figlio è malato, l’istinto protettivo si trasforma in un attaccamento disperato a qualsiasi speranza, anche la più assurda. Pur di vederlo guarito si è pronti a tutto, persino a corteggiare i Vannoni e i cialtroni. 
Nel riconoscere l’errore di chi si aggrappa a quei ciarlatani, sappiamo che al loro posto lo commetteremmo anche noi. 
Invece il fanatismo opera una trasformazione nel cuore degli uomini. Gli stessi genitori che davanti a un figlio fragile si affrettano a chiudere gli spifferi delle finestre, in nome di un pregiudizio lo costringono a vivere accanto a due fratellini non vaccinati. 
Nemmeno il dolore immane che quel padre e quella madre staranno provando in queste ore consente di stendere un velo sul loro comportamento. Il fanatismo fa paura proprio perché si rivela più forte della paura. Persino di quella ancestrale di vedere un figlio morire.


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