Luisella Costamagna: “Ogni volta che c’è un felino il Pd muore”

(di Luisella Costamagna - ilfattoquotidiano.it) - “Si vincono e si perdono le elezioni sui risultati ottenuti e sui progetti per il futuro e noi su questo dobbiamo vivere con molta libertà perché siamo i più forti di tutti, non ce n’è per gli altri”. Martedì, Ore Nove – la rassegna stampa personale di Renzi (ne aveva assoluto bisogno: appena il 99% dell’informazione schierata con lui), cui segue un palinsesto da fare invidia a Netflix, tipo l’imperdibile Terrazza Pd (ma il problema del Pd non è proprio che sta troppo in terrazza e poco ai piani bassi?) – l’ex premier scamiciato ci spiazza ancora una volta e invece di ammettere la sonora batosta alle Amministrative (basti che su 110 sindaci 64 erano di centrosinistra e oggi sono 34, quasi dimezzati; più il cappotto in Lombardia, a Pistoia, che dal ’46 aveva avuto solo sindaci di sinistra, Genova e il tracollo nelle regioni rosse), ce la canta e ce la suona: “Siamo i più forti, non ce n’è per gli altri”.
Già a caldo, domenica sera, aveva cercato di vendere il bicchiere mezzo pieno parlando di risultati “a macchia di leopardo”, una metafora che ricorda l’infausto “smacchiamo il giaguaro” di Bersani e che dovrebbe suggerire al Pd di lasciar perdere – una volta per tutte – i felini, visto che ogni volta che vengono evocati finiscono sbranati dal Caimano. D’altronde, già dopo aver perso le Regionali (Liguria adieu) e le scorse Comunali (Roma e Torino adieu), non si era fatto intimorire ed era filato, dritto come un fuso, verso la storica débâcle del referendum del 4 dicembre. Ma niente, non s’è abbattuto ancora ed è tornato.

Certo che babbo Tiziano e mamma Laura gli hanno introiettato un’autostima invidiabile: che l’abbiano educato a suon di “sei il più bello, bravo, magro e biondo”? Beato lui che “siamo i più forti, non ce n’è per gli altri”, formula che dimostra anche una generosità straordinaria, visto che potrebbe – meritatamente – dire “Io”.
Al diavolo i “parrucconi” come De Mita che, da Mentana prima del referendum, scambiò la sua onnipotenza per tracotanza: “Credo sia irrecuperabile, perché ha una tale consapevolezza di sé, che non vede limiti alla sua arroganza”. Puah.
“Siamo i più forti, non ce n’è per gli altri”, dice Renzi, forte dei “risultati ottenuti”. Come non vederli? La riforma costituzionale bocciata dagli italiani; quella elettorale dalla Consulta, che ha bocciato pure la riforma della P.A.; poi c’è il lavoro, che col Jobs Acts e decine di miliardi dati agli imprenditori ci consegna meno diritti, una disoccupazione a due cifre, boom di voucher (tolti per disinnescare il referendum e poi rimessi) e contratti a termine quando va bene (finiti gli sgravi, addio assunzioni); crescita del Pil nel primo trimestre più bassa in Ue (salvo la Grecia); manovra da 3,4 mld per correggere i conti dei bonus referendari, in attesa delle lacrime d’autunno; 5,5 mld per le banche; 600 milioni per Alitalia; e la #cattivascuola, le nomine dei direttori dei musei bocciati dal Tar, la Rai con l’addio di Campo Dall’Orto, L’Unità fallita, lo scandalo Consip, Etruria… e via a inanellare trionfi.
Dimenticavo gli 80 euro, quelli che secondo l’Istat hanno aiutato di più i redditi medio alti (i troppo bassi li hanno dovuti restituire), e soprattutto hanno aiutato Lui, il più forte di tutti, facendogli vincere le europee. Questo sì è un successo. L’unico.

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