Basta con il “riso amaro” per i produttori e i consumatori

In provincia di Alessandria gli ettari coltivati sono 1.400
Lettera aperta di Coldiretti Piemonte: le riserie rispondano a 3 semplici quesiti.
Invasione di riso dall’Oriente: dal più 489 per cento degli arrivi dal Vietnam al più 46 per cento dalla Tahilandia. 
L’Italia è il primo produttore europeo di riso con un territorio di 237 mila ettari ed un ruolo ambientale insostituibile, oltre ad opportunità occupazionali. 
Il riso è un alimento fondamentale nella dieta: ha, infatti, elevate proprietà nutritive, è ricco di potassio mentre ha basso contenuto di sodio e di grassi. A sostegno delle imprese del comparto, è urgente quindi che gli organi di competenza, quale l’Ente Risi, assumano una posizione chiara e si intervenga in tempi brevi per rendere obbligatoria una normativa sull’etichettatura d’origine. 
Il Piemonte detiene una superficie risicola di oltre 116 mila ettari, 1.100 aziende ed una produzione di 8 milioni di quintali: in provincia di Alessandria gli ettari coltivati a riso sono 1400. 
“Questa situazione non è più ammissibile – evidenzia Roberto Paravidino presidente di Coldiretti Alessandria – Il fatto che i dazi non vengano più pagati, perché l’Ue ha introdotto il sistema tariffario agevolato per i Paesi che operano in regime EBA, sta agevolando solo le multinazionali del commercio. A farne le spese, invece, sono le nostre imprese risicole che stanno subendo pesanti ricadute economiche”.

“Le industrie devono uscire una volta per tutte – sostiene Leandro Grazioli direttore Coldiretti Alessandria- allo scoperto e dire in modo chiaro se vogliono o meno la trasparenza con l’etichettatura d’origine obbligatoria. Nel comparto esistono comportamenti da basso Medioevo. Basta con le speculazioni degli industriali che, oltre a pagare a poco prezzo il risone, obbligano le imprese a stoccare nei loro magazzini il prodotto generando forme  di vincolo inconcepibili e non più accettabili”. L’Ente Risi oggi è così un ente che ha abbandonato il proprio ruolo di difesa delle produzioni di riso italiano per una sudditanza palese verso le lobby industriali.  
Coldiretti chiede alle quasi 50 riserie che operano in Piemonte, sia a livello industriale sia artigianale, di rispondere al mondo produttivo e a quello dei consumatori a queste 3 semplici domande:
  1. Quanti sono i quintali di risone che acquistano dalle aziende agricole Piemontesi?
  2. Quanti sono i quintali di risone che acquistano dall’estero?
  3. Quali sono i paesi extraeuropei da cui acquistano?
Queste domande, alle quali auspichiamo che gli imprenditori del settore di buona volontà, in un clima di trasparenza, vogliano rispondere, servono per poter distinguere le impostazioni produttive virtuose e per verificare, congiuntamente al mondo dei consumatori, se il prodotto finale ha effettivamente quella territorialità che, oltre a dare garanzie in termini di salubrità e caratteristiche organolettiche, rappresenta, per il comparto e per l’indotto, un elemento economico importante.
Per poter uscire veramente da questo strano limbo, che oscura e penalizza il comparto, è necessario un forte segnale di disponibilità e trasparenza traducibile solo in accordi innovativi di filiera che coinvolgano i produttori del territorio e che portino soddisfazione economica a tutti gli attori della filiera stessa. 
“Siamo a disposizione delle varie riserie per attivare formule di oggettiva collaborazione che possano tracciare, per i consumatori, il percorso a monte e a valle del prodotto riso. – ha aggiunto Roberto Paravidino  presidente di Coldiretti Alessandria - Solo in questo modo i trasformatori possono dimostrare la loro vera volontà di passare dalle parole ai fatti. I nostri uffici sono a completa disposizione e pronti ad attivarsi per una costruzione concreta di percorsi di filiera”.
Ufficio Stampa Coldiretti Alessandria





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