L'ultimo sondaggio choc che spaventa Renzi: la Ditta ex Pci vale il 14%

In una rilevazione il Pd senza "scissionisti" si ferma al 20%. Centrodestra stabile al 31%
Pier Francesco Borgia - Mar, 31/01/2017 - 10:48
Ora ci si mettono anche i sondaggi ad agitare i sonni dell'ex premier Matteo Renzi. Secondo quanto rivelato ieri nel corso della puntata di Porta a Porta, nessun partito raggiungerebbe, al momento, la fatidica soglia del 40%.
Quanto registrato dall'istituto Ipr mostra, infatti, il Pd e il Movimento 5 Stelle appaiati al 30% (portando in parlamento 191 deputati ciascuno), la Lega si fermerebbe al 13%, Forza Italia al 12% (con 76 parlamentari), Fratelli d'Italia al 5% e Ncd al 3% (riuscendo così a superare la soglia minima per l'accesso in Parlamento). I risultati ottenuti dall'istituto Tecné non sono molto distanti da questi. Il movimento grillino risulterebbe il primo partito con il 30,5% dei consensi (e 194 seggu) mentre il Pd si fermerebbe al 29% (184 seggi). Lega e Forza Italia appaiate al 13% e Fratelli d'Italia sempre al 5%.
Insomma nessuna alleanza politica avrebbe i numeri per diventare effettivamente maggioranza parlamentare. Facendo soltanto ipotesi di scuola, ecco i tre governi possibili. Il primo formato da Pd più gli altri partiti del governo attuale, cui aggiungere autonomisti e seggi esteri. Il secondo vedrebbe la coalizione dell'attuale governo affiancata da Forza Italia. Mentre il terzo porterebbe a Palazzo Chigi una compagine formata da grillini, leghisti e Forza Italia.

I sondaggi però non si sono limitati a chiedere un'indicazione di voto e maliziosamente hanno proposto anche uno scenario con un Pd diviso. Insomma la domanda che tutti si fanno (a iniziare ovviamente dallo stesso Renzi) è: quanto vale l'asse Bersani-D'Alema in termini elettorali? Possono davvero far paura all'attuale nomenclatura del Nazareno? Secondo i risultati registrati dall'istituto Ipr di Antonio Noto, il Pd orfano di D'Alema e Bersani si fermerebbe al 22% dei consensi. Gli «scissionisti» (come già li ha battezzati maliziosamente Matteo Orfini) si fermerebbero all'11%, superando la soglia psicologica del 10 per cento. Il Pd porterebbe in Parlamento 141 deputati mentre la nuova forza di sinistra potrebbe contare su 71 parlamentari. Per il resto, i consenti rimangono sostanzialmente immutati (se si eccettua una leggera flessione dei grillini che passerebbero da 191 a 190 parlamentari). Stesso scenario ma risultati ancora più rosei per la nuova «Cosa» dalemiana secondo i risultati registrati da Tecné. La divisione del Pd porterebbe intanto a un ridimensionamento anche dei grillini che scenderebbero al 28% (179 seggi), mentre il Pd con 120 seggi si fermerebbe al 20%. Il partito scissionista arriva addirittura al 14% con 90 parlamentari. In questo caso le forze di centro-destra continuerebbero ad avere gli stessi consensi indicati sopra.
Insomma gli incubi si fanno sempre più angoscianti nelle notti renziane. E non è un caso che invece di preoccuparsi della politica interna l'ex premier inizi a pubblicare i primi slogan elettorali. Ieri sul suo blog ha annunciato: «Se dopo le elezioni torneremo al Governo dovremo riprendere il ragionamento sull'Irpef», sorvolando sul macroscopico dettaglio che al governo ci sono già.
Intanto Michele Emiliano e Francesco Boccia pensano a un referendum interno. Lo Statuto del Pd consente, infatti, a un esiguo 5% di iscritti d'indirlo e questa minaccia, con il già citato risultato dei sondaggi, potrebbe riportare a più miti consigli la Segreteria del Pd, costringendola a scendere a patti con la minoranza. Le due componenti potrebbero ritrovarsi attorno a un tavolo (con o senza congresso) per ripartirsi in maniera più equa le candidature per le eventuali elezioni anticipate.



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