Stampa e potere: un’ossessione chiamata Raggi

(ANGELO CANNATÀ – il fatto quotidiano) - “Tutti i nodi vengono al pettine”. “Quando c’è il pettine”, aggiungeva Leonardo Sciascia in Nero su Nero (Einaudi); parlava della giustizia in tempi difficili forse più di quelli odierni. Cosa avrebbe detto dell’intricata vicenda romana che vede protagonista Virginia Raggi? Il pettine della magistratura è all’opera e i nodi del malaffare oggi sono sotto gli occhi di tutti: Raffaele Marra – “sempre a disposizione” – e il costruttore Scarpellini sono il primo in carcere e il secondo ai domiciliari. Arriverà un avviso di garanzia anche alla sindaca? Tema complesso:
1.L’accusa che ha colpito Marra (corruzione) risale ad anni lontani: Raggi che colpa ne ha?
2. La sindaca conosceva Marra da tempo, l’ha difeso e voluto come potente collaboratore, è colpevole perlomeno della sua scelta: attingere dagli uomini di Alemanno non è stato saggio, è saltata la discontinuità. Raggi ha ammesso l’errore. Basta? Se riceve un avviso di garanzia deve dimettersi?
SONO DOMANDE importanti, che spiegano la complessità e i lati oscuri della vicenda romana. L’inchiesta potrebbe allargarsi, se Raggi verrà indagata – con accuse politicamente significative – dovrà dimettersi (c’è poco da valutare) e sarà dura per i 5Stelle evitare le ricadute sul Movimento: Roma è questione nazionale. È questa l’altra partita, quella decisiva: da mesi si attacca la sindaca – che ha commesso errori, certo –per colpire Di Maio. Il M5S è in testa ai sondaggi: c’è occasione migliore del caos romano per demolirne l’immagine? Se i 5Stelle non sanno gestire una città, sapranno gestire lo Stato? È la domanda – declinata in mille modi – che circola negli editoriali di Repubblica, Corriere, Stampa, Messaggero.
Eccetera. I giornaloni non parlano d’altro anche quando scrivono di Milano (“La questione Sala è delicata. Sì, però, la vicenda romana…”). È un infinito argomentare su Roma. Un’ossessione Roma. Un continuo e martellante e ipocrita “L’avevamo detto”. Il campione di questo stile di pensiero s’è rivelato Mario Calabresi: Repubblica ha denunciato dall’inizio e per questo “siamo stati criticati, accusati di essere partigiani, non obiettivi e di farlo per partito preso (o per conto di Renzi)… Siamo stati attaccati dal Movimento 5 Stelle, dai blog, sui social network, dal Fatto Quotidiano”. Sul Fatto s’è detto che Repubblica è partigiana. Come abbiamo osato? Calabresi trasuda obiettività: sulla Raggi (non indagata) articoli, inchieste, interviste, editoriali: quintali di pagine e condanne preventive. Su Sala (indagato) linea morbida: “Serve a Milano”. Non è obiettività questa? Insomma: fa bene il direttore di Repubblicaa difendere le inchieste dell’Espresso, i giornalisti quando fanno il loro mestiere sono preziosi per la democrazia; scovare i fatti e denunciarli è compito fondamentale della stampa. Il problema è l’ermeneutica. È nella lettura dei dati che la soggettività di Calabresi mostra il suo peso: l’impaginazione del giornale, lo spazio delle notizie, il taglio, l’interpretazione dei fatti, tutto manifesta un partito preso, un pregiudizio, una preoccupazione politica che un giornale libero non dovrebbe avere. È un errore attaccare Raggi e giustificare Sala. Due pesi e due misure. I lettori giudicano, e i nodi sono arrivati al pettine anche per Repubblica.
INFINE, GLI ELETTORI: dicono basta, con Grillo, alle lotte interne ai 5Stelle, ci si salva o si affonda insieme nel mare tempestoso della politica italiana. L’ultima mossa è, finalmente, giusta: Raggi guarda a sinistra: “Bergamo vice, Montanari assessore”. Il dato centrale in ogni caso non muta: se la sindaca è immune da responsabilità, va difesa per il bene del Movimento e del traguardo nazionale; se risulta coinvolta in questioni oscure, paghi, per lo stesso motivo. La politica ha la sua logica. Ignorarla non ha mai impedito a nessuno di restarne vittima.

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