Mostra. ‘GUTTUSO. INQUIETUDINE DI UN REALISMO’

Mostra. ‘GUTTUSO.  INQUIETUDINE DI UN REALISMO’
Fino al 9 ottobre 2016
Galleria di Alessandro VII – Quirinale Roma
by Maura Mantellino
Vi segnaliamo la mostra ‘Guttuso. Inquietudine di un realismo’ che in questi giorni è aperta al pubblico nella Galleria di Alessandro VII a Roma. In essa si possono ammirare i quadri di Renato Guttuso di ispirazione religiosa. L’esposizione è stata curata da Fabio Carapezza Guttuso, presidente degli archivi Guttuso e da Crispino Valenziano Presidente della Accademia Teologica. Questa bellissima e particolare mostra è resa possibile grazie al sostegno del Ministero dei  Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, dei Musei Vaticani, del Museo Guttuso di Bagheria, della Camera dei Deputati e di prestigiose collezioni private. 
La Crocifissione è l’opera più famosa e uno dei quadri più significativi del Novecento italiano ed è il dipinto che attira maggiormente l’attenzione dei visitatori. Nel 1942 La Crocifissione venne presentata al Premio Bergamo e in quell’occasione suscitò diverse critiche negative e l’inizio di un vasto dibattito: vari ecclesiastici autorevoli la giudicarono blasfema, ma Monsignor Crispino Valenziano, teologo amante dell’arte, iniziò l’esegesi delle opere del maestro. 

Iniziando dallo studio accurato di Spes contra spem, Il Legno della Croce, la Cena di Emmaus, fino agli Studi di Crocifissione, propose ai critici una nuova chiave di lettura: «… di Guttuso mi interessa il credere cristiano complicato a suo modo nell’opera della sua arte», scrisse in un suo saggio titolato Guttuso credeva di non credere. 
Inoltre egli sottolineò come «dalla virtualità religiosa del suo realismo sociale» si giunga «alla sua conoscenza riflessivamente operativa delle Scritture e delle tradizioni connaturate al nostro radicamento culturale», e infine «alla sua disponibilità e adesione a realizzare opere che hanno nella liturgia la loro causalità originante, la loro identità materiale e formale e la motivazione finale della loro struttura e funzione». 
Il dipinto, trae la sua tragica bellezza da quelle forme che la sensibilità abitualmente respinge; pare, anzi, che l’artista si serva di esse per suscitare un’emozione che prescinda il più possibile dalla sensibilità e quasi superi la distinzione tra il sublime e il senso tragico della spiritualità. 
Alla fine, la  parabola di questa magnifica opera di Guttuso si conclude in una visione pacificata e serena dove anche il dolore è assunto e trasfigurato, dove l’intensa passione per il dolore umano assurge a una concezione purificata da ogni turbamento, intrisa di un’intensa luce contemporanea.




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