Uomini e donne alle Olimpiadi di Rio, by Giancarlo Patrucco

Giancarlo Patrucco http://www.cittafutura.al.it/
Qualche giorno fa, a Olimpiadi già ben inoltrate, più di un giornale ha provato ad accostare la graduatoria del medagliere dei Giochi ad una graduatoria un tantino più ipotetica, relativa al “peso” economico industriale politico delle nazioni che di quella graduatoria erano alla testa. 
Testa che, con pochissime variazioni di posizione, è rimasta così fino alla fine delle gare: davanti a tutti gli Stati Uniti (121 medaglie), seguiti da Cina (70), Gran Bretagna (67), Russia (56), Germania e Francia (42 ognuna), Giappone (41), Australia (29), Italia (28), Canada (22). 
Questo per le top ten olimpiche, di cui si faceva rimarcare appunto la simmetria con il “peso” mondiale, segnalando anche il disagio russo per la vicenda del doping, che ha certamente influito sui risultati di quel Paese.
Di questo accostamento si è anche discusso in profondità, sottolineando come la formazione di atleti in grado di vincere medaglie sia ormai così integrale da richiedere forti investimenti per supporti di ogni genere, da quelli tecnologici a quelli introspettivi: gallerie del vento, attrezzature e materiali sempre più sofisticati, strutture all’avanguardia, coach, tecnici, massaggiatori, psicologi, strateghi e accompagnatori a vario titolo. Insomma, le due graduatorie non sono simmetriche a caso, ma riflettono la potenza tecnologico-economica dei Paesi, che si riflette a sua volta sulla loro influenza politica nello scacchiere mondiale.

A questo punto, mi è venuta la tentazione di provare un accostamento di tipo diverso. Di guardare per un momento “dentro” la graduatoria, per vedere quanto peso hanno le donne all’interno della posizione raggiunta dai loro rispettivi Paesi di competenza. Quante di quelle medaglie sono declinabili al maschile e quante al femminile? In altre parole, quali sono i Paesi in cui il peso è diviso almeno a metà e quali sono i Paesi dove esiste uno squilibrio più o meno accentuato?
Ne è venuta fuori una graduatoria un tantino diversa. Certo, occorre prenderla con precauzione perché scostamenti minimi possono essere frutto del caso, della contingenza imprevista, del più facile accesso maschile a discipline “pesanti”, come il sollevamento pesi, la lotta, il pugilato. Ma, quando gli scostamenti sono più marcati, suona un campanellino d’allarme: è proprio vero che in tutti i cosiddetti “Paesi sviluppati” le donne hanno le identiche possibilità degli uomini di accedere alle pratiche sportive?
Vi trascrivo la graduatoria generale delle prime 10 nazioni, depurata delle poche medaglie assegnate ai misti. Di fianco, quella “femminile” per le medesime 10. Così, ognuno potrà fare le considerazioni che crede:
  1. Stati Uniti: 116                                                                     1 Stati Uniti: 61
  2. Cina: 69                                                                                 2. Cina: 41
  3. Gran Bretagna: 64                                                              3. Russia: 29
  4. Russia: 56                                                                              4. Gran Bretagna: 24
  5. Giappone: 41                                                                         5. Giappone: 18
  6. Francia: 39                                                                             6. Canada: 16
  7. Germania: 36                                                                        7. Germania: 15
  8. Italia: 28                                                                                 9. Australia: 12
  9. Australia: 27                                                                          10. Francia: 11
  10. Canada: 21                                                                            13. Italia: 10


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