Un Paese a crescita zero, tranne che a Palazzo Chigi (Peter Gomez)

Dicono che un leader si giudica dai suoi collaboratori. Per questo un osservatore distratto potrebbe tirare un sospiro di sollievo leggendo la “tabella delle performance” realizzate nel 2015 dai dirigenti pubblici che lavorano a più stretto contatto con Matteo Renzi. Dal documento, pubblicato sul sito del governo, si evince che gli alti funzionari del Dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica di Palazzo Chigi hanno raggiunto gli “obbiettivi strategici” loro assegnati. Non c’è stato “target” concordato con l’esecutivo che sia stato fallito. La missione dell’organismo, che si può definire il motore dello sviluppo italiano, è quasi sempre compiuta al 100 per cento. Pressoché senza eccezioni per ogni manager è così scattato un sostanzioso bonus.
Un premio di risultato che oscilla tra i 32mila e 900 e i 34mila e 600 euro. Cifre che, agli occhi dell’opinione pubblica, sono però difficilmente conciliabili con i risultati effettivi dell’economia italiana ora attestata sulla crescita zero dopo aver visto il debito pubblico salire di altri 77 miliardi.
Una lettura appena più attenta delle carte presenti in Rete spiega bene il perché. Di fatto a essere stati premiati sono stati centinaia di dirigenti di Palazzo Chigi, indipendentemente dal settore e dal grado di appartenenza. Nel 2015 in totale i bonus concessi dalla presidenza del Consiglio sono costati ai contribuenti circa 4 milioni di euro, una cifra in linea con quanto speso nei due anni precedenti. L’assenza di variazioni dimostra che il denaro è stato distribuito a pioggia.
Non poteva essere altrimenti. Il potere burocratico, nella complice indifferenza della politica, ha giudicato se stesso. E per essere sicuro di non sbagliare ha stabilito obbiettivi semplici o scritti in maniera assolutamente incomprensibile. Esemplare è il caso di Ferruccio Sepe, il funzionario che, come spiega Thomas Mackinson suilfattoquotidiano.it, si occupa della “cassa” facendo “defluire investimenti in ogni ambito pubblico, dalle opere (Cipe) alla ricerca e ai fondi per la coesione territoriale”. Sepe nella sua missione destinata alla “crescita del paese” doveva occuparsi tra l’altro “dell’avvio di una programmazione concertata di medio-lungo termine (Agenda urbana nazionale) finalizzata ad un aumento dell’efficacia e della coerenza delle politiche urbane”. Inutile dire che il target lo ha raggiunto. Come? Tramite la “presentazione di un Progetto operativo nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Governance e capacità istituzionale 2014-2020, rivolto al rafforzamento degli strumenti conoscitivi e di valutazione delle politiche urbane, alla definizione concertata di contenuti, obiettivi e indicatori dell’Agenda urbana nazionale e al trasferimento di conoscenze e competenze a supporto degli EE.LL. nel processo di implementazione di soluzioni tecnologico organizzative ICT abilitanti gli obiettivi dell’Agenda”. Al di là della terminologia da iniziati il fatto importante è uno solo: l’elaborato doveva essere trasmesso entro il 31 dicembre e così è stato. Il suo contenuto (c’è da sperare ottimo) appare indifferente ai fini della valutazione. I casi simili si sprecano.
Articolo intero su Il Fatto Quotidiano del 20/08/2016.






Commenti

Post più popolari