Scindere il futuro del Governo dall'esito referendario

In politica, soprattutto in Italia, bisognerebbe che l’ingenuità non si sposasse mai con la smodata presunzione.
Il consenso che ottieni in un determinato momento politico, non è un patrimonio acquisito per sempre di cui puoi disporre a piacimento.
Il consenso elettorale e quindi i voti vanno “riconquistati” momento per momento. Le ultime elezioni amministrative, in particolare Torino, lo confermano.
Matteo Renzi ha certamente commesso un errore di presunzione legando il destino politico suo e del Governo che presiede, alla vittoria del Si al Referendum costituzionale. In questo modo ha invogliato tutti coloro, di destra, di centro e di sinistra, che dissentono dalle scelte riformatrici del governo o semplicemente che lo detestano personalmente - anche per i modi un po’ scorbutici con cui è solito trattare avversari ed oppositori - a coalizzarsi in un fronte unico, che va dall’estrema sinistra, all’estrema destra: la Sinistra radicale di Sel, la Lega di Salvini, i 5 stelle di Grillo, Marco Travaglio del Fatto Quotidiano, parte di Magistratura democratica, Renato Brunetta, Daniela Santalchè, Giorgia Meloni dei Fratelli d’Italia, fino a Silvio Berlusconi. Tutti schierati, non tanto e non tutti, con l’intento di salvare il testo storico della Costituzione, ma per far cadere il governo e mandare a casa Matteo Renzi.

Una coalizione formata da forze tra loro antagoniste e quindi senza prospettiva politica futura se non le elezioni anticipate, in un vuoto di potere di cui potrebbe beneficiare solo il movimento di Grillo.
Uno stratega che si lascia accerchiare in questo modo si giustifica solo con un eccesso di ingenuità misto ad altrettanta presunzione.
Riconoscere l’errore e scindere di conseguenza l’esito referendario di novembre, dal futuro destino del governo e della maggioranza che lo sostiene, appare non solo giusto, ma addirittura doveroso oltre che politicamente corretto.
La Riforma costituzionale è frutto di lunghi mesi di discussione, di mediazione e anche di compromessi, raggiunti in seno al Parlamento ed è giusto quindi che l’elettorato giudichi la legge come prodotto del Parlamento e della maggioranza, a volte variabile, che l’ha votata e non del governo.
I giovani, le forze produttive e la maggioranza del paese sono sicuramente orientati in direzione del cambiamento per cui, la vittoria del SI appare scontata. Si tratterebbe in ogni caso di una vittoria delle forze del cambiamento contro ogni forma palese ed occulta di conservatorismo.
Il governo a sua volta non ha certo esaurito, né tantomeno attuato il programma di riforme e di rinnovamento del sistema Italia che si era impegnato a portare a termine. Per rilanciare l’economia è necessario agire dal lato dei consumi per attivare in tal modo, con la ripresa, la stessa occupazione, incominciando col rinnovo dei contratti di lavoro e togliendo il blocco alle pensioni minime. Siamo consapevoli che nella manovra economica pesano i condizionamenti del debito pubblico, un fardello da 2.250 miliardi, (132,7% del PIL) che ci impedisce di allentare in maniera più marcata la pressione fiscale. Pesano i vincoli di bilancio. Pesa la presenza diffusa di forme malavitose e di corruzione che riducono e paralizzano, in alcuni casi, il funzionamento della pubblica amministrazione a tutti i livelli. La stessa Legge di Riforma della Pubblica Amministrazione (Legge Madia), incontra grosse resistenze applicative sia a livello centrale che periferico.
La Riforma Costituzionale è importante per rendere più efficiente il funzionamento complessivo dello Stato, essa regola questioni essenziali per la vita del nostro paese: il superamento del bicameralismo, la fiducia ai governi, la natura del Senato, i rapporti tra le due Camere, la snellezza delle procedure di approvazione delle leggi, la distribuzione delle competenze tra Stato e Regioni ma guai a considerarla risolutiva di tutti i problemi del nostro Paese.

Cose da fare ne restano ancora tante. Oltre ai nodi legati alla ripresa, il Governo deve far fronte ai drammi umani e materiali provocati dal terremoto nel centro Italia, per cui è opportuno che continui ad operare fino al termine della legislatura.

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