“Renzaleggio” di Marco Travaglio

by infosannio
(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano)
 Ieri, alla direzione del Pd, Matteo Renzi ha posto il problema della verità e della menzogna nella politica dell’èra di Internet. 
Il tema è molto serio e avrebbe meritato ben altro che due battute enpassant, dedicate tanto per cambiare ai 5Stelle - scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano nell’editoriale di oggi 5 luglio 2016, dal titolo “Renzaleggio” –.
Ieri, alla direzione del Pd, Matteo Renzi ha posto il problema della verità e della menzogna nella politica dell’èra di Internet. 
Il tema è molto serio e avrebbe meritato ben altro che due battute enpassant, dedicate tanto per cambiare ai 5Stelle. Che, nella sua visione non proprio super partes, sarebbero i depositari della menzogna, mentre lui – sottinteso – lo sarebbe della Verità. 
A supporto della sua equazione sghimbescia, il premier-segretario ha citato una presunta frase di Gianroberto Casaleggio (che non può più smentirlo): “Ciò che è virale è vero”. E ha commentato: “Io , quando la lessi, dissi: ‘Che follia è questa!’. Non compresi allora il valore terribile di quelle parole: se prendi una cosa e inizi a ripeterla tutti insieme, diventa vero (sic, ndr) per una parte delle persone che seguono magari in maniera superficiale la politica”. 
Renzi si riferisce a un ’intervista realizzata dal sottoscritto, in video per il nostro sito e su carta per il nostro giornale. Solo che la frase era l’esatto opposto di quella da lui riportata. Questa: “Se un messaggio in Rete perde la sua viralità nel tempo, è falso”. Il cofondatore dei 5Stelle parlava dei
“presunti scoop che i giornali hanno inventato su di me, senza verificare la veridicità della notizia… Esistono gruppi pagati dai partiti per diffondere messaggi virali contro me e Grillo”. 
Io obiettavo: “È la stessa accusa che molti rivolgono a voi”. E lui: “Ma noi non abbiamo bisogno di farlo, perché i nostri messaggi sono virali di per sé, dunque veri, e si diffondono da soli. Quelli degli altri, palesemente falsi, hanno bisogno di un supporto di truppe àscare, pagate magari 5 euro al giorno”. In pratica, con la sua (eccessiva) fiducia nelle capacità autocorrettive del web, Casaleggio teorizzava che le bugie in Rete hanno le gambe corte, perché vengono investite da un tal volume di smentite che ben presto si estinguono. Invece le informazioni veritiere, a furia di non essere smentite e anzi di essere confermate, hanno gambe lunghissime. Cioè diventano “virali”. In sintesi: tutto ciò che è vero diventa virale. Invece Renzi gli fa dire – post mortem – che tutto ciò che è virale è vero, per poterlo equiparare a Goebbels: “Ripeti cento volte una bugia e diventerà la verità ”. Invece Casaleggio pensava l’esatto opposto: e cioè che il web, interattivo e dunque continuamente capace di smentirsi, contenga in se stesso l’antidoto alle menzogne, al contrario dei mezzi di comunicazione unidirezionali come stampa, radio e tv, che hanno buon gioco – volendo – a mentire senza tema di smentita.
E così, mentre denuncia la propensione di Casaleggio e per estensione dei 5Stelle alla menzogna, Renzi dà una plateale prova della sua attitudine a mentire. Anche perché, dopo aver manipolato le parole del defunto, tira fuori un tweet che non si sa chi abbia scritto e, per sua stessa ammissione, non è stato ripreso da alcun canale ufficiale del M5S: una bufala fra le tante in circolazione, che attribuisce alla Appendino il licenziamento di 3 mila dirigenti al Comune di Torino con un risparmio di 3,5 miliardi. Cosa vuole dimostrare il premier e segretario del partito di maggioranza (molto) relativa, mostrando urbi et orbi la patacca dell’anonimo squilibrato? Che i 5Stelle che l’hanno appena battuto alle Comunali e scavalcato nell’ultimo sondaggio di Repubblica vincono grazie alle balle sparate nel web dalla loro diabolica “rete che spinge e indirizza”, subornando milioni di persone “che seguono magari in maniera superficiale la politica”. Cioè non frequentano la Leopolda, non leggono Repubblica e gli altri giornaloni, non si abbeverano alle verità rivelate di Tg1, Tg2 e Tg5 e – quel che è più grave – non seguono “Matteo Risponde”. E così, ignari della Verità, votano 5Stelle: non perché questi rinuncino ai finanziamenti pubblici, spendano pochi euro per le campagne elettorali, restituiscano diarie e indennità non spese e presentino candidati freschi e puliti. Ma perché mentono bene. Il che spiega i risultati delle ultime, sciagurate elezioni. Se questa è la spassionata e autocritica analisi del voto del premier-segretario, andiamo bene. In pratica non è successo niente: basterà smentire che la Appendino abbia licenziato 3 mila dirigenti dal Comune di Torino che ne ha solo 107, e tutto tornerà come prima. Gli italiani riprenderanno a votare come un sol uomo per il Pd e per FI, cioè per la Banda Larga che anche ieri – come ogni giorno – è finita in una mega-retata per tangenti e altri crimini targati centro destra & centro sinistra. E la Verità tornerà a trionfare con la vittoria dei suoi depositari di sempre. Tipo Renzi, che ieri ha annunciato la fine della legislatura in caso di vittoria del No al referendum costituzionale di ottobre: come se le Camere le sciogliesse lui e non il presidente della Repubblica (a proposito: ne abbiamo uno?). Tipo l’Ufficio Studi della Confindustria, che annuncia il crollo dei conti pubblici, del Pil, della produzione, dell’occupazione e forse anche del Monte Bianco, del Colosseo, della torre di Pisa e della Mole Antonelliana se non vince il Sì. O tipo la Boschi, che promette col Sì al Referenzum “risparmi per 500 milioni l’anno e l’aumento di Pil del 6% in 10 anni, pari a circa 10 miliardi l’anno”. Cioè dà i numeri come il tweet sulla Appendino, solo che quello è opera di un matto anonimo, mentre questa è la risposta ufficiale del ministro delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento alla Camera dei deputati. Ma forse è questa la vera autocritica post-elettorale di Renzi & C.: zitti zitti, tentano di imitare Casaleggio. Solo che purtroppo quel che diceva l’hanno capito all’incontrario.

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