Il diritto di ascoltare una Messa, by Agostino Pietrasanta

Benedetto Croce, nel Senato di nomina regia del 1929, dopo aver valutato positivamente le norme del trattato lateranense, passò ad una critica serrata delle norme concordatarie; mentre il trattato poneva fine al conflitto, tutto italiano, fra Chiesa e Stato, il Concordato sanciva l’ultimo tentativo europeo di dare corso ad un regime di cristianità. Disse tra l’altro. “…accanto o di fronte a uomini che stimano che Parigi (cioè il potere ed il consenso) valga bene una Messa, sono altri per i quali ascoltare o non ascoltare una Messa è cosa che vale infinitamente più di Parigi, perché è affare di coscienza”. 
C’è un’intuizione di straordinaria e perenne attualità; c’è qualcosa di diverso e di più importante della stessa composizione concordataria che contratta, in nome del potere la pratica religiosa ed è quella di imporre, in nome della fede, la scelta religiosa indipendentemente dalla libertà della coscienza personale ed in disprezzo degli esiti che ne derivano; c’è qualcosa di più e di diverso della libertà religiosa o della relativa appartenenza ad una qualsiasi confessione storica ed al suo precipitato temporale, c’è la negazione stessa della coscienza come definitivo giudice dei comportamenti individuali.
Pensavo a queste cose dopo la notizia dell’efferata uccisione di padre Jacques Hamel, mentre diceva messa sull’altare della sua parrocchia; ed ho avuto la netta impressione che si sia trattato di un salto di qualità, almeno dal punto di vista del simbolo che i sunniti salafiti vogliono spedire al resto del mondo: negare la fede nella sua dimensione più alta, la scelta di coscienza. E si tratta anche dell’estrema deriva dell’appartenenza che si impone sulla fede: come dire non c’è diritto alla fede, ma solo all’appartenenza imposta al prezzo del sangue.
E’ vero: si tratta di un’esperienza vissuta da una minoranza radicalizzata, ma di cui non solo il Cristianesimo porta le conseguenze; tutte le religioni diverse dalla coniugazione radicale dell’Islam che i sunniti salafiti vorrebbero imporre sono sottoposte all’attacco. Non solo le Chiese cristiane delle varie confessioni ne potrebbero essere vittime, ma anche le Sinagoghe e le stesse Moschee frequentate dall’Islam moderato.

Lasciamo stare la constatazione che le varie comunità islamiche, anche quando (e succede) si dissociano dal delitto Jihadista, lo fanno quasi sempre con ritmo assai “tiepido”; lasciamo stare perché il problema mi pare altro.
Tutte le confessioni religiose, in quanto tali sono in pericolo di attacco, ma si può tranquillamente sottolineare la singolarità del Cristianesimo come unica religione incarnata nel senso proprio della fede; non tanto perché attenta alla complessità della Storia (altre confessioni lo sono) ma perché propone lo scandalo di un Dio che si è fatto uomo e, di conseguenza propone una visione della fede che non può mai contrapporsi all’Umanità ed alla Storia. Se la Chiesa alcune o più volte ha rimosso questa semplice espressione della fede cristiana, ciò non limita, anzi esalta la sua essenza. Di conseguenza il mondo non è il regno del male, ma è sempre il luogo della salvezza, in tutte le sue declinazioni, qualunque strada intraprenda perché le orme del bene non possono mancare per una visione di fede sostenuta da un Dio che si è fatto Storia dell’umanità.
Di qui la specifica esposizione del Cristianesimo e del suo precipitato di civiltà ad un’ aberrazione religiosa che fa della sua appartenenza un motivo per negare la libertà della fede a giudizio definitivo della coscienza. C’è da sperare che l’estremismo Jihadista non lo comprenda del tutto, ma ormai la guerra è in corso; ed è ben noto che anche se non si dovesse cogliere la provocazione (ma la percezione comune l’ha già colta), alla fine se a condurre una guerra bisogna essere in due, a dichiararla basta uno solo.










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