"Gli espulsi dall'Eden" di Izabella Teresa Kostka

"Gli espulsi dall'Eden" di Izabella Teresa Kostka  
(CTL Centro Tipografico Livornese Editore di Nino Bozzi, 2016).
●  PREFAZIONE  a cura di Cristiano Papeschi 
La maggior parte degli indimenticabili poeti, e dei grandi artisti in generale, attinge la propria ispirazione dalla sofferenza. Una “giornata di sole” riempie di gioia, di allegria, di speranza; sembra una cosa scontata, è lo è fino a che il sole splende. Al contrario, una notte di tempesta ci opprime, mette tristezza, ansia e, quando il vento batte contro le finestre e i tuoni scandiscono il tempo, addirittura paura o terrore. Ma la notte di tempesta ci ricorda che la giornata di sole, con i caldi raggi che accarezzano il viso e sfiorano i petali di un fiore, non è poi così scontata, e ci porta a desiderare che i fulmini cessino e ritorni al più presto il sereno. Ma esiste davvero una speranza per quel sereno? O è solo un lontano miraggio in un deserto senza orizzonte? La vita di ognuno di noi è così, un naturale alternarsi di tempesta e sole, ma anche nell'esistenza più perfetta che l'uomo possa immaginare od ottenere, c'è sempre almeno qualche minuto di maltempo. L'artista è in genere un personaggio inquieto, che esprime la propria arte su una pagina, una tela od un pezzo di marmo informe, modellandolo sotto la guida di un sentimento pronto ad esplodere. Izabella non scrive di splendide giornate di sole, bensì di spaventose notti di tempesta, coinvolgendo il lettore che sappia “ascoltare” il triste canto della sofferenza, poiché ognuno di noi ha vissuto almeno un minuto di quella tempesta. E' facile comprendere lo stato d'animo di un vincente, di un atleta che abbia tagliato il traguardo per primo o di un attore che abbia ricevuto un Oscar. Molto più difficile è cogliere il sentimento negli occhi di un “perdente”, di una persona comune verso la quale la vita non è stata poi così giusta. “Gli espulsi dall'Eden” è, in ordine cronologico ma non certo per importanza, l'ultima delle sue opere: “siamo pellegrini espulsi dall'Eden”, siamo anime in pena, un mosaico di sentimenti e sensazioni, paure e vittorie, gioe e dolori ma... soprattutto dolori! E non è casuale l'aver dedicato la raccolta all'amato zio Jerzy, un artista, ma soprattutto un uomo, che ha toccato l'apogeo della propria ispirazione immobilizzato su una sedia a rotelle, nel momento in cui quella famosa giornata di sole gli era stata negata, ed altro non era che un lontano ricordo ed una ancor più irragiungibile speranza: un uomo per il quale la sofferenza è stata la “magna mater ".
 Non un unico tema nei versi di Izabella, bensì un insieme di situazioni, riflessioni e stati d'animo in diversi momenti della vita, spinti o trascinati dalle sensazioni di quel singolo istante fuggevole. Nel libro “Gli espulsi dall'Eden” Izabella tocca diversi argomenti, tutti caratterizzati da almeno una nota di dolore e sofferenza: da un veliero con le vele strappate dal tempo e dimenticato, immagine di qualcosa molto vicino all'autrice, alla sofferenza per una persona volata in Cielo prima del tempo, dalle solitudini vissute nei corridoi spogli del presente alle lacrime versate per un padre da sempre assente, dal ricordo di un volto del passato che scende gli scalini di un treno fino ad arrivare ad un tocco di vera sensualità ed immaginazione, un sentimento ed
un desiderio consumato nella stanza di un motel, tra le corde di un gioco erotico o tra le lenzuola stropicciate di un letto complice di peccati lubrichi.
Un poliedrico insieme di frammenti di un cuore che pulsa, dove le “ali di piombo” sono forse l'immagine che meglio di tutte rappresenta la sofferenza e l'anima inquieta di un vero artista: quelle ali, così pesanti, potrebbero sembrare un qualcosa destinato ad affondare chi le porta, invece sono lo strumento che consente di librarsi nel cielo come splendidi falchi ma anche di volare fino ai limiti estremi delle umane possibilità, laggiù, lontano, un volo impossibile, un volo di Icaro... fino al Sole... fino a bruciare quelle ali e perdersi nell'infinito. Le parole di Izabella sono leggere, a volte dolci ed a volte disperate, ma allo stesso tempo pesano come macigni ed esplodono come piroclasti di un vulcano che si risveglia dal lungo sonno. 
Dr.Cristiano Papeschi

●  DALL' INTRODUZIONE di Izabella Teresa Kostka 

Eppur il cuore arde ancora 
intrappolato nel corpo senza speranza, 
vola e sorvola ogni dolore,
dipinge gli istanti sulle crude tele.

Siamo pellegrini espulsi dall'Eden
in viaggio eterno verso l'ignoto,
condannati a vita su questa Terra 
nel tempo inquieto dell'apocalisse.

Noi,
angeli caduti con le ali spezzate.
                                             (I.T.Kostka)

È difficile descrivere tutte le sottili sfaccettature del mio sentire, raccontare le emozioni che hanno stimolato la mia creatività durante la nascita di questo libro. La vita, la quotidianità, la famiglia, i tormenti e le varie inquietudini, l'esistenza e la malattia, la sofferenza e la guerra,  l'ultima speranza, la pittura e l'arte di ogni genere e di ogni sfumatura. Da ragazza, come una spugna, ho assorbito le gioie e le lacrime che scolpivano le guance dei miei famigliari, seguivo gli eventi che rimanevano sulle pagine della storia. Proteggevo tutti quei molteplici ricordi nel cassetto della memoria con grande cura e commozione. Iniziando il lavoro su questa raccolta, ho deciso di sfogliare il diario della vita, ispirandomi alle opere di una persona a me estremamente cara: mio zio, uno dei fratelli maggiori della adorata madre Nina, il talentuoso artista pittore Jerzy (Giorgio) Kostka, che noi famiglia chiamavamo Jurek.
Come mai questa scelta?
La sua vita, purtroppo interrotta precocemente, segnata all'apice della carriera artistica da un'inaspettata e grave malattia invalidante, ha lasciato in me un' impronta indelebile. Quell'anima artistica libera da ogni tabù, avida di voglia di vivere e di conoscere le culture lontane, le terre sconosciute, una personalità  pronta a percorrere i sentieri dei famosi pittori (ha eseguito vari viaggi in Europa: ai Balcani, in Italia, in Francia, soprattutto a Parigi - una delle città più ammirate dallo zio, una metropoli ricca d'arte, d'amore, segnata dalle indelebili impronte degli impressionisti, la dimora del surrealismo di Dalì, delle donne e della libertà d'espressione), quella natura espansiva che ha trovato il suo sfogo in una pittura estremamente personale e di grande impatto emotivo, trasmettendo al pubblico la sua sublime sensibilità e la grande sofferenza (...)

Izabella Teresa Kostka 

● Alcune poesie scelte: 

OLTRE IL TEMPO

Quando un'Anima cara s'allontana nell'infinito,
rispettala in silenzio tenendo per mano,
accogli clemente ogni timore,
confessa di averla veramente amata.

Ascolta silente il suo respiro, 
quel fragile canto del cuore morente,
accendi un cero della speranza,
un ultimo segno di fede umana.

Perdona, 
cancella i vecchi rancori, 
in una preghiera unendo i pensieri,
non dire "Addio" ma "Abbi pazienza,
ci vediamo di nuovo alla fine dei tempi".

Non fuggire ombroso nel dirupo del pianto 
rinchiuso nel guscio del cupo dolore,
proteggi nel cuore quel volto prezioso, 
amalo per sempre, 
a m a   o l t r e   i l   t e m p o. 


IL DISTACCO

Ti ho tenuto per mano
mentre t'addormentavi nell'ultimo inverno,
scaldavo il gelo di un addio
con un tenero, semplice sorriso.

Ero la guida oltre il confine, 
l'ultima scintilla nelle pupille,
la pace dei sensi nella battaglia,
un dolce sollievo in ogni sconfitta. 

Non avevo più fretta,
ancorata agli ultimi, fragili istanti,
la guardiana leale del tuo traguardo
verso la terra del non ritorno.

Ora sono qui  
(mentre tu hai raggiunto il celeste alloggio),
sospesa tra il vuoto del brusco distacco
e l'eterna speranza di un nuovo inizio.



MEMENTO

Ho conosciuto uomini
drogati dalla loro ignoranza,
marionette sospese sui fili del potere,
marinai stregati dagli sguardi delle sirene,
abbagliati dalla luce del falso avere.

Gli schiavi del carnale 
condannati agli scarti del piacere,
svuotati involucri dell'umana coscienza,
annegati di notte in un bicchiere di brandy,
fatti e rifatti tra le curve del godere.

Vivevano illusi dai futili miraggi,
aggrappati alle cosce a pagamento, 
convinti di essere già immortali
calpestavano le grida, i sensi di colpa.

Ho pianto 
sulle loro tombe coperte di fango,  
abbandonate e prive di qualsiasi ricordo,
gettate nell'oblio della dimenticanza, 
sepolcri guardiani dell'eterna mancanza.

● Il link per acquistare il libro:
Izabella Teresa Kostka, Milano 2016


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