Gabbie Vuote: CAPRIOLO VIVO E MORTO


Gentili amministratori,  Gentili giornalisti
mentre la Legge nazionale n. 157/92  "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio", dimentica ossessivamente la prima parte del suo enunciato, fin dal 1992 ha delegato alle Regioni e alle Province la regolamentazione delle attività di soccorso della fauna selvatica  e il Nuovo Codice della Strada ha ribadito tale obbligo, i Centri di Soccorso delle associazioni di volontariato ancora esistenti in Toscana non vengono sostenuti e sono costretti a chiudere la loro ammirevole attività, mentre  nessun programma pubblico ne prevede la nascita di nuovi.
Al contrario. Si inaugurano macelli per la fauna selvatica uccisa dai cacciatori; si delibera sull'istituzione di Centri di Sosta per eviscerare e refrigerare animali uccisi durante una stagione venatoria agli ungulati che la nuova proposta di legge obiettivo n. 27 prevede per tre anni consecutivi; si formano cacciatori per attivare la filiera alimentare di "selvaggina". In una parola si spende denaro publico per uccidere e non per salvare, si investe nel trattamento di animali morti ammazzati ma poco o niente nel soccorso e nella cura di quelli  feriti ma vivi. Si impegnano autorità e risorse per leggi da emanare (anche se in contrasto con l'art. 117 della Costituzione) e non si rispettano le leggi da lungo tempo
emanate.
Mentre i cittadini, con grande senso di civiltà, giustizia e compassione, si attivano per segnalare animali feriti o incidentati e la Polizia provinciale provvede celermente al loro recupero, nessun Centro è previsto per ospitarli degnamente, secondo le esigenze delle singole specie ma ci si affida alle strutture veterinarie che, sappiamo bene,  sono storicamente finalizzzate alla cura di animali domestici, soprattutto cani e gatti.

E', infatti, nelle gabbie da cani e gatti che vengono rinchiusi i caprioli, come quello che nel luglio scorso (ultimo tra i vari segnalati) è stato recuperato da un gruppo di cittadini (dei quali abbiamo nomi e testimonianze) e indirizzato alla clinica veterinaria convenzionata con la ASL.  Ambiente non congeniale a un animale timido come il capriolo che, accanto ad animali idealmente suoi predatori, tra  rumori perturbanti e continui passaggi di persone, è facile preda di stress, infarto e conseguente morte. Sorte capitata, purtroppo, al piccolo di capriolo sul quale tante speranze e tenerezze erano state investite, ma che, nonostante le riepetute notizie ottimistiche sulla sua salute, è deceduto.
E' facile capire, se l'empatia e l'umanità ancora ci appartengono, come risulti sconfortante e fallimentare l'impegno di cittadini e Polizia, come sia evidente l'incapacità  e l'insufficienza del sistema vigente.
Ci aspettiamo pertanto  un cambio di indirizzo e una pianificazione che renda possibile rendere attiva la legge per il soccorso della fauna selvatica. Come già avviene nelle Regioni virtuose.
Noi siamo disponibili a fornire collaborazione e competenza.
Restiamo in attesa di vostre osservazioni. Cordialmente
Mariangela Corrieri
Presidente Associazione Gabbie Vuote Onlus Firenze
Membro del CAART Coordinamento Associazioni Animaliste Regione Toscana
"La legge morale dentro di me, il cielo stellato sopra di me" I. Kant
Lettera dei cittadini.
Il 9 luglio scorso è stato recuperato un cucciolo di capriolo a Grassina.  Affidato a una clinica veterinaria in buone condizioni, come più volte confermato dai veterinari stessi,  è invece deceduto mentre veniva ancora custodito nella stessa.  
Alla tristezza per la sorte dell’animale in questione si unisce il bisogno di comprendere, in qualità di cittadini/e responsabili, quali siano le strutture veramente idonee affinché un esemplare selvatico, una volta messo in sicurezza dall’intervento della Polizia provinciale, possa ricevere cure opportune al suo stato. In questo caso, purtroppo, riteniamo che il capriolo, nonostante la competenza mostrata dagli agenti di Polizia nel primo recupero e la successiva conferma di buone condizioni di salute, la sorte del capriolo ha avuto esito finale negativo certamente influenzata dalle condizioni  di stazionamento all’interno di una gabbia affiancata ad altre contenenti gatti e cani in degenza.
Fermo restando la richiesta di tutta la documentazione clinica relativa al trattamento dell’animale, ci preme far presente che se è motivo di stress per un animale domestico esser rinchiuso in una gabbia metallica, angusta e contigua ad altre, figuriamoci il trauma aggiunto che può subire un animale selvatico per sua natura destinato ad altri ambienti ed altri stimoli. Sappiamo che una segregazione del genere può risultare fatale.
Ci domandiamo di conseguenza se un animale selvatico, già stressato e magari ferito, debba ricevere lo stesso trattamento di un animale domestico e chi e come vengono autorizzati e controllati  gli ambienti e i servizi che si dichiarano idonei all’accoglienza e riabilitazione della fauna selvatica.
Ci preme ribadire che scriviamo mossi da spirito di responsabilità civica e di collaborazione fattiva affinché non si ripetano più casi di detenzione di animali selvatici in strutture non adeguate e perché la gestione di queste vicende (sempre più frequenti in territori di campagna cittadina) sia efficace e benefica in tutti i suoi passaggi.
Seguono una ventina di firme.

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