CGIL, CISL, UIL: Piattaforma unitaria vertenza socio-sanitaria-assistenziale


CONTINUANO I TAGLI AL FONDO SANITARIO NAZIONALE.
Il valore del Fondo Sanitario Nazionale, con la nuova Legge di Stabilità per il 2016 scende di ulteriori 2 miliardi. Era stato stabilito con il Patto per la Salute 2014-2016 e con la Legge 190/2014 in 115,4 miliardi, già ridotto a 113 con la Legge 125/2015, si attesterà, per il 2016 a 111 miliardi, portando la decurtazione, nel biennio 2015-2016, a -4,4 miliardi, rispetto alle previsioni di fabbisogno. Si confermano così le fosche previsioni del DEF, che indicano un crollo della spesa sanitaria rispetto al PIL dal 7% al 6,5%, cosa che ci relega agli ultimi posti in Europa negli investimenti per la protezione sanitaria. Vengono così contraddette le rassicurazioni del Ministro Lorenzin sui risparmi di spesa che dovevano restare nelle disponibilità del Servizio Sanitario Nazionale per dare servizi migliori e più rispondenti ai nuovi bisogni di salute. La sanità viene usata dal Governo come un bancomat utile a finanziare altre opzioni. Oggi milioni di persone rinunciano alle cure per ragioni economiche; la drammatica e colpevole riduzione delle risorse pubbliche per garantire i Livelli Essenziali di Assistenza, gli insopportabili tempi di attesa e i ticket sempre più pesanti preparano la strada ad una sanità privata a pagamento, ingiusta e dannosa.
IL RIORDINO DELLA RETE OSPEDALIERA IN PIEMONTE: UNA DIMINUZIONE DELL'OFFERTA DEI SERVIZI SANITARI.
Nonostante il suo buon livello qualitativo, sulla rete ospedaliera del Piemonte si è abbattuta (come in tutte le altre regioni) la necessità di “fare cassa”, promossa dai vari governi con provvedimenti di legge e intese tra lo Stato e le Regioni tesi a ridurre in modo radicale e lineare i costi del Servizio Sanitario Nazionale, buon ultimo il Regolamento sugli standard relativi all'assistenza
ospedaliera, applicato in Piemonte con le deliberazioni della Giunta 1-600 del 2014 e 1-924 del 2015.
In verità, il riordino della rete avrebbe dovuto essere affrontato non partendo dagli aspetti organizzativi (posti letto, strutture complesse, qualificazione degli ospedali) ma cercando di definire in modo accurato, sia la domanda di servizi territoriali (per intercettare le malattie croniche anche associate alla longevità), sia la domanda di assistenza ospedaliera basata sul reale fabbisogno di salute delle diverse realtà territoriali.
Ma la necessità di “fare cassa” ha prevalso e si è assistito quindi alla drastica riduzione dei posti letto (da 17702 a 15464), alla cancellazione di decine e decine di unità operative semplici e complesse, alla riclassificazione di un buon numero di presidi ospedalieri. Non è mancato l'eccesso di zelo: la Regione Piemonte ha ridotto il numero dei posti letto fino al 3,4 per mille contro il 3,7 previsto dal Regolamento per gli standard ospedalieri. Si è trattato, quindi, di una diminuzione secca dell'offerta di servizi sanitari che provoca serissimi disagi alle popolazioni, primo tra essi l'allungamento dei già eccessivi tempi di attesa, e non aiuta a realizzare il recupero della mobilitapassiva che ieri si attestava su circa 50 milioni di euro spesi per pagare prestazioni erogate in altre regioni a favore di cittadini piemontesi.
Inoltre, con il blocco del turn-over provocato dal Piano di Rientro della spesa ospedaliera sono stati persi in circa quattro anni oltre 3000 unità di personale colpendo così il vero valore aggiunto del Servizio Sanitario Regionale: il lavoro. A puro titolo esemplificativo citiamo i risultati di un'indagine condotta presso un'aziende ospedaliera della nostra regione che evidenziano come l'applicazione vincolante di una norma sull'orario di lavoro già in vigore produrrà gravi difficoltà organizzative in ordine alla turnistica del personale del ruolo sanitario e ripercussioni su liste d'attesa e servizi resi.
In questo quadro, gli atti aziendali non mirano al soddisfacimento del fabbisogno di salute attraverso un sistema integrato di servizi ospedalieri e territoriali, ma soprattutto al taglio dei costi. Spedalità privata: non sfugge come questa rappresenti, nella nostra regione, una appendice che completa l’offerta pubblica di servizi alla collettività.
I tagli lineari, proposti per il settore, rischiano di veder compromessi posti di lavoro e prestazioni convenzionate. Anche queste scelte si tradurranno in allungamento delle liste d’attesa.
UN'OCCASIONE MANCATA: IL RILANCIO DELLA RETE TERRITORIALE DEI SERVIZI DELLE ASL.
La diminuzione dell'offerta di servizi sanitari prodotta dal riordino della rete ospedaliera avviene mentre nella nostra Regione stentano a decollare le alternative territoriali a favore di degenti di età molto avanzata e affetti da patologie multiple: ciò condanna l'ospedale (anche se riorganizzato) all'intasamento soprattutto dei servizi di emergenza e accettazione. L'attuale incapacità dei servizi territoriali di assorbire la domanda di continuità assistenziale per i pazienti post-acuti contribuisce già di per sé al sovraffollamento dei reparti di degenza ospedaliera.
Eppure il Patto per la salute 2014-2016 prescrive il ridisegno complessivo dell'assistenza territoriale e delle cure primarie. Per unanime riconoscimento della comunità scientifica e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità le cure primarie sono il luogo più corretto per fronteggiare, sia in prima istanza che nel decorso della malattia, i problemi di salute della popolazione; per definizione esse rappresentano il sistema di cure vicino ai luoghi di vita e di lavoro delle persone e assumono in carico l'aspetto globale della salute della persona.
Per questi motivi CGIL CISL UIL da molto tempo hanno rivendicato, svolgendo precise proposte di merito, che la Regione doti le ASL dei nuovi servizi territoriali: le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) per far lavorare in gruppo i Medici di Medicina Generale e le Unità Complesse di Cure Primarie (UCCP) per realizzare l'integrazione tra medicina generale, medicina specialistica, servizi socio-sanitari e servizi sociali. Questi servizi debbono funzionare per 24 ore al giorno e per tutti i giorni della settimana. La loro programmazione e realizzazione deve avvenire contestualmente al riordino della rete ospedaliera, per evitare che la riorganizzazione degli ospedali si traduca in null'altro che in un puro e semplice taglio dei servizi. Occorre, inoltre, rivedere l'impianto della Guardia Medica ed introdurre il numero unico per l'emergenza sanitaria (116117) per concorrere alla riduzione del surplus improprio di affluenze al Pronto Soccorso.
Si tratta di una occasione di innovazione di grande rilievo per il Servizio Sanitario Piemontese che non può andare perduta.
La Regione ha deliberato (DGR 16-1653/2015) un provvedimento di indirizzo per il riordino della rete dei servizi territoriali delle ASL che, da un punto di vista concettuale, è accettabile e può essere considerato un punto di partenza: ma da questo provvedimento avrebbero dovuto derivare impegni programmatici più precisi e dettagliati, oltre ad un credibile cronoprogramma capace di dare l'impulso necessario alle Aziende per la realizzazione dei nuovi servizi. L'Amministrazione ha, al contrario, obiettivi ben più modesti e per CGIL CISL UIL non soddisfacenti: non l’ampliamento dei servizi territoriali, ma il puro e semplice consolidamento dei servizi esistenti (ora precari e non diffusi sul territorio regionale). Prova ne sia l’assordante silenzio sulle modalità di finanziamento.
CGIL CISL UIL chiedono con forza la programmazione di questa spesa, in tempi certi e con l’impegno immediato dei fondi derivati dalla razionalizzazione della rete ospedaliera (stimati 300 milioni all’anno per tre anni).
NO AL RIORDINO SELVAGGIO DEI SERVIZI PSICHIATRICI.
La logica dei risparmi indiscriminati non si ferma neppure di fronte alle fragilità più evidenti. E’ questo il caso del sedicente riordino dei servizi psichiatrici.
Su questa emergenza CGIL CISL UIL hanno da tempo e reiteratamente chiesto all’Assessore di sospendere la delibera di riordino di questi servizi, che nella valutazione del sindacato e delle associazioni dei malati e dei famigliari rischia di lasciare scoperte e senza adeguata tutela molte persone.
CGIL CISL UIL hanno messo nero su bianco le loro posizioni, in un documento recapitato all’Assessore.
CGIL CISL UIL ritengono imprescindibile che si avvii un confronto serio con le associazioni e con il sindacato, in grado di trovare le risposte più moderne ed adeguate, per mantenere, e nel caso elevare, un servizio che deve sempre porre al centro la persona, le sue fragilità, il suo valore.
DICONO NO ALLA TRASFORMAZIONE DELLA CURA IN ASSISTENZA.
Nel succedersi delle Amministrazioni Regionali si è concretizzato e reso evidente il progetto di destrutturazione del modello di sistema costruito con la L.r 1/2004. Sistema fondato sull’integrazione del sistema sanitario e di quello assistenziale. In una regione dove il tema dell’invecchiamento della popolazione, con il conseguente aumento delle patologie croniche e della non autosufficienza, diventano sempre più centrali l’appropriatezza delle prestazioni e il sostegno alle famiglie. Si sta di fatto rimettendo in discussione “l’universalismo” del diritto alla cura, aumentando la compartecipazione economica dei cittadini, rendendo sempre più oneroso l’accesso alle prestazioni ed ai servizi legandoli al possesso di requisiti di reddito. Esempio chiarificatore di questo procedere è la citata delibera di riordino dei servizi psichiatrici. Appare chiaro il filo conduttore che lega le azioni del Governo centrale, revisioni dei LEA, e di quelli Regionali, che trasferiscono costi di prestazioni da sanità ad assistenza.
Non è un caso che gli assegni di cura nati per favorire la cura a domicilio di alcuni casi di non autosufficienza, con la classificazione extralea, si stia trasformando da minor costo per il bilancio
della sanità in un maggior costo per famiglie ed enti locali. Non è escluso che il risultato possa portare alla inversione del flusso che aveva indotto i soggetti a farsi assistere a domicilio, con ulteriori aggravi per il bilancio della sanità.
Con il concretizzarsi del disegno regionale assisteremo all’accentuarsi del fenomeno delle liste di attesa per il ricovero in strutture residenziali di soggetti non autosufficienti, causate non dalla carenza di posti letto, ma dalla penuria di risorse pubbliche della componente sanitaria.
Vi è dunque un disimpegno di risorse nei confronti della parte più debole della popolazione, gli ammalati cronici, gli anziani, i non autosufficienti, mentre si vuole spingere la parte attiva verso una sanità privata sempre meno integrativa e più sostitutiva di quella pubblica.

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